Il Consiglio di Stato, con la sentenza n.1162/2019, dichiara illegittima la equiparazione delle tariffe TARI dell’Agriturismo agli alberghi e ristoranti, operata da molte Amministrazioni a livello nazionale. Ora i Comuni dovranno prevedere apposite riduzioni tariffarie per le aziende agrituristiche.
FATTI IN CAUSA
Con ricorso al Tribunale amministrativo dell’Umbria, i titolari di alcune aziende agrituristiche impugnavano le deliberazioni consiliari nn. 40 del 19 maggio 2014 e 46 del 26 giugno 2014 con cui il Consiglio comunale di Corciano aveva approvato il Regolamento “Imposta unica comunale (IUC): imposta municipale propria (IMU), tassa sui rifiuti (TARI) e tributo per i servizi indivisibili (TASI)” e le tariffe per l’anno 2014, nella parte in cui si equiparavano ai fini della TARI le tariffe per gli alberghi e gli agriturismi. I ricorrenti lamentavano vari profili di eccesso di potere e la violazione del principio di capacità contributiva: l’equiparazione era per loro illegittima, l’agriturismo rientrava nella categoria dell’imprenditoria agricola ai sensi dell’art. 2135 Cod. civ.. e dei parametri della normativa regionale, tenendo conto anche dei locali utilizzati ad uso agrituristico.
LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO
il Collegio ritiene fondamentale considerare in questo contesto che “l’assimilazione praticata implica invece una presunzione di equivalenza di condizione soggettiva: quando, all’opposto, l’ordinamento differenzia le due fattispecie, sia dal punto di vista dello statuto imprenditoriale e delle finalità dell’attività, sia dal punto di vista dell’ordinamento del turismo”. Infatti, l’attività agrituristica è considerata specificazione dell’attività agricola e non attività assimilabile a quella alberghiera, dalla quale la dividono finalità e regime.
Queste considerazioni portano il Consiglio di Stato a ritenere la parificazione tariffaria operata dal Comune viziata da “eccesso di potere per trattamento eguale di situazioni ineguali e violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza”, richiamando la facoltà comunale di determinare apposite sottocategorie in grado di meglio proporzionare il prelievo alla “connotazione specifica dell’attività e all’effettiva capacità di produzione, per quantità e qualità.”
La sentenza in commento non lascia quindi spazio a dubbi interpretativi: agli agriturismi devono essere applicate tariffe specifiche. Il principio è stato più volte ribadito da IFEL, tanto in sede di formazione al personale comunale che in risposta a quesiti specifici inviati dai Comuni, quando veniva indicato che nella classificazione delle utenze, ai fini della ripartizione del costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, in relazione agli agriturismi occorre tenere conto dei diversi elementi che incidono sul costo di gestione dei rifiuti. Questo va effettuato mediante: una riduzione per stagionalità; l’applicazione di coefficienti di riduzione mirata che tengano conto delle diverse limitazioni operative (n. pasti, n. clienti ospitabili, eventuale esercizio di compostaggio); l’opportunità di considerare il favore del legislatore verso l’attività agricola.
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