Nel corso di “Telefisco 2021” il Mef fornisce importanti chiarimenti in materia di agevolazioni Tari per le imprese produttrici di rifiuti speciali e per le attività che, in base al recente Dlsg 116/2020, potranno conferire i propri rifiuti a soggetti terzi al di fuori del servizio pubblico.
Domanda
“Il Dlgs. n. 116/2020 ha apportato significative modifiche al Dlgs. n. 152/2006, alcune delle quali sono entrate in vigore dal 1° gennaio 2021. In particolare, l’art. 183, comma 1, lett. b-ter, qualifica ‘rifiuti urbani’ i ‘rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’Allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’Allegato L-quinquies’. L’art. 184 del Tua, come modificato dal Dlgs. n. 116/2020, dispone al comma 2 che sono rifiuti urbani quelli di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter), mentre al comma 3, lett. c) sono qualificati rifiuti speciali ‘i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2’. Alla luce del mutato quadro normativo, e considerato che nell’Allegato L-quinquies non è presente l’attività industriale, si chiede se:
a) le attività industriali siano comunque tenute al pagamento della quota fissa;
b) le attività industriali, producendo comunque rifiuti urbani nei locali ed aree diverse da quelle destinate a lavorazioni industriali (come Uffici, Mense, ecc.), siano tenute a pagare anche la quota variabile con riferimento a tali superfici”.
Risposta
Alla luce del quadro normativo, il Mef ritiene che possano considerarsi produttive di rifiuti speciali le superfici di lavorazione industriale, le quali, conseguentemente, sono escluse dall’applicazione della Tari.
Allo stesso modo devono escludersi le superfici ove, a norma dell’art. 1, comma 649, della Legge n. 147/2013, si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali nonché i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di attività produttive di rifiuti speciali.
Rimane ferma l’applicazione della Tari, sia per la quota fissa che per quella variabile, in riferimento alle superfici produttive di rifiuti urbani, come, ad esempio, mense, uffici, servizi, depositi o magazzini, non essendo funzionalmente collegati alle attività produttive di rifiuti speciali.
Domanda
“L’art. 198, comma 2-bis (introdotto dal Dlgs. n. 116) del Tua prevede che le ‘utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. Tali rifiuti sono computati ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani’. Il comma 10 dell’art. 238 del Dlgs. n. 152/2006 (introdotto dal Dlgs. n. 116/2020, sebbene la Tia 2 risulti non più applicabile), dispone che «le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter), punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale’.
Sulla base della lettura combinata degli artt. 198 e 238 si chiede:
a) se l’uscita dal pubblico servizio possa operare con riferimento a tutte le frazioni di rifiuto urbano prodotte dall’utenza non domestica (carta, plastica, ecc.), oppure se l’Azienda può chiedere di uscire dal servizio pubblico producendo anche un contratto relativo ad una sola frazione di rifiuto;
b) nel caso in cui l’azienda non possa uscire dal servizio pubblico se non contrattualizzando tutte le frazioni di rifiuto urbano, se il Comune sia tenuto a riscrivere il proprio Regolamento per trasformare la riduzione della parte variabile della tariffa ancorata ai rifiuti speciali assimilati (ex art. 1, comma 649, Legge n. 147/2013), non più presenti nel 2021 in riduzione per rifiuti urbani ‘simili’ avviati al recupero, in modo tale da riconoscere comunque non solo alle Aziende una riduzione proporzionale della parte variabile, ma anche di continuare a permettere l’azzeramento della parte variabile senza che sia necessario uscire dal pubblico servizio”.
Risposta
L’art. 3, comma 12, del Dlgs. n. 116/2020, modifica il comma 10 dell’art. 238, del Dlgs. n. 152/2006, non più vigente.
Il comma 10 dispone che le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e che dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi, sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti. La norma subordina quindi l’esclusione dal pagamento della quota variabile, ossia quella rapportata alla quantità di rifiuti, al conferimento di tutti i rifiuti urbani al di fuori del pubblico servizio e al loro avvio al recupero per un periodo di almeno cinque anni.
Diversamente, l’art. 1, comma 649, della Legge n. 147/2013, prevede che “per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della Tari, il Comune disciplina con proprio Regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite oggetti autorizzati”. Questa norma presenta ancora il riferimento ai rifiuti assimilati, categoria non più esistente, per cui lo stesso va attualizzato sostituendolo con i rifiuti urbani, secondo le nuove disposizioni introdotte dal Dlgs. n. 116/2020.
Inoltre, evidenzia il Mef, a differenza del comma 10 che riguarda l’abbattimento della “componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti” nel caso di avvio al recupero, l’art. 1, comma 649 parla di rifiuti che “il produttore dimostra di aver avviato al riciclo”, laddove il riciclo costituisce un’operazione di recupero.
Pertanto, stante il diverso ambito applicativo delle norme riportate, che investe esclusivamente la parte variabile e che quindi non dovrebbe comportare in ogni caso la totale esclusione dal pubblico servizio, secondo il Mef le stesse debbano essere contenute nel Regolamento comunale, ciascuna secondo le proprie specificità, con la conseguente necessità di adeguare il Regolamento stesso al nuovo quadro normativo. In altri termini, se un’utenza non domestica intende sottrarsi al pagamento dell’intera quota variabile, deve avviare al recupero i propri rifiuti urbani per almeno cinque anni, come stabilito dal comma 10 del menzionato art. 238. Se invece l’utenza non domestica vuole restare nel solco della previsione dell’art. 1, comma 649, della Legge n. 147/2013, tenendo conto di quanto disciplinato dal Regolamento comunale, la stessa può usufruire di una riduzione della quota variabile del Tributo proporzionale alla quantità di rifiuti urbani che dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati, senza sottostare al vincolo di 5 anni fissato dal predetto comma 10.
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